Heidegger, Martin - Nietzsche [Adelphi] by Autore sconosciuto

Heidegger, Martin - Nietzsche [Adelphi] by Autore sconosciuto

autore:Autore sconosciuto
La lingua: ita
Format: epub


La verità come tenere-per-vero è errore, ancorché un errore necessario. La verità come accordo con il divenire, l’arte, è parvenza, ancorché una parvenza che trasfigura. Non c’è un « mondo vero » nel senso di qualcosa che rimanga identico, eternamente valido. Il pensiero del mondo vero, quale pensiero anzitutto e in tutto e di per sé determinante, pensa finendo nel nulla. Il pensiero di un mondo così pensato deve essere abolito; resta allora soltanto il mondo apparente, il mondo come una parvenza in parte necessaria, in parte trasfigurante: verità e arte come le due forme fondamentali in cui appare l’apparire del mondo apparente. Che ne è di questo mondo dell’il-lusorietà? Si può ancora dire, dopo che si è dovuto abolire il mondo vero, che ci resta il mondo apparente? Come fa a restare qualcosa di residuo, se all’infuori di esso non c’è nient’altro? Il cosiddetto residuo non costituisce allora il tutto, l’intero? Il mondo apparente non è allora, per sé, l’unico mondo? Che cosa dobbiamo ritenere di esso, e come dobbiamo mantenervici?

La nostra domanda è: che ne è del mondo «apparente» che resta dopo l’abolizione del «mondo vero»? Che cosa significa qui illusorietà?

Il chiarimento dell’essenza della vita, nell’ottica dell’assicurazione della sussistenza che le è propria, ha portato a indicare il carattere prospettico fondamentale della vita. Il vivente sta e si mantiene sempre nella traiettoria di uno scorcio che mira a una cerchia di possibilità che vengono di volta in volta fissate in un modo o nell’altro, sia come vero della conoscenza sia come «opera» d’arte. Ogni volta v’è questa delimitazione, il tracciare un orizzonte: l’instaurazione di una parvenza. Ciò che ha forma ha l’aspetto del reale, ma in quanto avente forma e fisso non è già più caos, per l’appunto, ma impulso definito. La parvenza si erge nello spazio della rispettiva prospettiva, nella quale domina di volta in volta un determinato punto di vista a cui l’orizzonte è « relativo ». Corrispondentemente Nietzsche dice nel brano n. 567 (1888):

« Il carattere dell’“illusorietà” è dato dunque dall’elemento prospettieoi Come se restasse ancora un mondo, una volta toltone l’elemento prospettico! Con quest’ultimo si sarebbe infatti tolta la relativitàl » [Vili, ni, 160].

Sennonché noi domandiamo: che cosa importerebbe se la relatività fosse tolta? Non verrebbe così guadagnato l’Assoluto? Come se per il venir meno del relativo comparisse già il tanto agognato Assoluto! Ma perché a Nietzsche importa così decisamente salvare la relatività? Che cosa vuol dire con relatività? Nient’altro che la provenienza della prospettiva dalla vita che crea uno scorcio e che, da un rispettivo punto di vista, si guarda sempre intorno e avanti. « Relatività » vale qui come denominazione del fatto che il « mondo », la cerchia di prospettive con carattere di orizzonte, altro non è che una creazione del-1’« azione » della vita stessa. Dall’atto di vita del vivente scaturisce il mondo, ed esso è soltanto quello che, e così come, scaturisce. Che cosa ne risulta? Il carattere apparente del mondo non può essere più concepito nemmeno come parvenza.



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